IL PERCORSO ICONOGRAFICO


Il pieghevole che puoi trovare in Santuario

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«L’iconografia cristiana esprime in immagini la stessa Buona Novella come quella che le Sante Scritture ci comunicano con le parole. L’immagine e le parole si illuminano» (Catechismo della Chiesa Cattolica)


Santuario di Santa Maria in Penice

LE ICONE

(a cura di Angiolino Bulla)

 

 

 

Per il rigore spirituale con cui vengono eseguite, le icone - sono della tradizione religiosa orientale- non hanno eguale nell'arte occidentale.

Prima di intraprendere la preparazione, il pittore si immerge nella preghiera, domandando a Dio di dirigere e illuminare l'anima, il cuore e lo spirito del servo, guidandone le mani per rappresentare degnamente l'immagine sacra.

Diversamente dalla concezione occidentale e rinascimentale l'opera del pittore di icone non è intesa come opera d'arte, ma opera testimoniale. L'icona, infatti, non si dipinge, si scrive. Il pittore non è che l'esecutore, colui che trascrive in immagine ciò che vede del mondo divino; per questo la sua non è considerata una creazione individuale cui imprimere la propria personalità. Essendo rivelazione del sacro, la pittura d'icone ha valenza di predicazione. Essa rende visibile concretamente il mondo edificato da Dio e la sua sovra terrena bellezza.

Questo tempio, ora rilucente di icone, accoglie un frammento della tradizione pittorica orientale, cui lo spettatore occidentale è riconoscente: cariche di simboli, le icone aprono alla sua anima un varco sul mondo divino.


L'annunciazione

Ricevuto il comando d'amore per l'uomo, l'angelo Gabriele si affretta a presentarsi alla Vergine. Impugna con la mano sinistra un lungo bastone, simbolo dell'autorità e dignità del messaggero. Le sue dita sono disposte nel gesto tipico bizantino della benedizione carica di simbologia: le tre dita aperte - indice, medio e mignolo - vogliono ricordare la Trinità, e che il Cristo è una delle tre persone divine. Le due dita ripiegate ricordano che in Cristo sussistono due nature, quella umana e quella divina.

 

La Vergine è raffigurata giovane, colta nell'atto di filare la porpora, cioè di tessere misticamente la veste purpurea del corpo del Salvatore, ricoperta da un manto color porpora e da una tunica blu intenso. Il motivo

 

cromatico del rosso porpora tende a sottolineare la regalità divina che circonda la Vergine (nell'antichità la porpora era riservata esclusivamente ali 'imperatore e ai suoi familiari). Sul manto compaiono tre stelle: una sulla testa ed una su ciascuna delle spalle. Sono corrispondenti al gesto trinitario della mano destra dell'angelo. Rappresentano il segno della santificazione della Trinità, quale Madre di Dio.


Il natale del Signore

L'icona della natività è il prologo della grande epopea della storia di Salvezza. E come nel prologo dei poemi troviamo sintetizzati i punti salienti di ciò che si canterà, così nell'icona della Natività ritroviamo il compendio dei misteri della fede cristiana: l'incarnazione, la morte e la resurrezione.

Al centro della composizione l'elemento principale: il Bambino in fasce, sdraiato nella mangiatoia (in forma di sarcofago) sul fondo buio della grotta nella quale egli è nato. La grotta, la mangiatoia, le fasce prefigurano la morte del Redentore, il suo sepolcro e le bende funebri.

La posizione centrale e le dimensioni della Vergine - ella è più grande degli altri personaggi - sottolineano il ruolo della Madre di Dio. La prima Eva è divenuta la madre di tutti i viventi, la nuova Eva, Maria, è divenuta la madre dell'umanità redenta per mezzo dell'incarnazione di Dio.

Gli angeli glorificano Dio e portano agli uomini il messaggio della buona novella. L'icona esprime questo doppio ruolo raffigurando alcuni angeli girati verso l'alto, cioè verso Dio, altri rivolti verso gli uomini.

Questi uomini sono pastori. Sono raffigurati mentre ascoltano il messaggio degli angeli; uno di loro suona il flauto, accordando così la musica, arte umana, al coro degli angeli.

Dall'altro lato della grotta stano i magi, raffigurati a cavallo, guidati dalla stella. Un lungo raggio emana dalla stella a indicare direttamente la grotta; esso collega inoltre la stella a una sfera che si estende oltre i bordi dell'icona e rappresenta simbolicamente il mondo celeste. L'icona indica così che questa stella è messaggera dell'aldilà: annuncia che «è nato colui che appartiene al cielo».

In basso, in un angolo dell'icona, due donne fanno il bagno al Bambino. Sono le due anziane e sagge donne che - secondo i vangeli apocrifi- Giuseppe aveva condotto a Maria per aiutarla.

 

Giuseppe - non fa parte del gruppo centrale formato dal Bambino e da sua Madre - resta in disparte: egli non è il padre. Davanti a lui, sotto l'aspetto di un pastore curvo per gli anni, si cela il demonio, che lo tenta. Nella figura di Giuseppe, l'icona rivela non soltanto un dramma personale, ma quello dell'umanità intera, la difficoltà cioè di ammettere ciò che oltrepassa la ragione: l'incarnazione di Dio.


Dormizione della madre di Maria

La festa del 15 agosto, nota in Occidente con il nome di Assunzione, nei libri liturgici bizantini porta il titolo di Dormizione della Madre di Dio. Essa celebra il transito e la piena glorificazione della Vergine, inquadrandoli nel mistero pasquale di Cristo. «lo non chiamerei morte la tua dipartita - afferma Giovanni Damasceno -, ma dormizione o viaggio [ ... ] Uscendo, infatti, dalla dimensione del corpo, entri in una [dimensione] migliore».

Nell 'iconografia orientale, il tipo classico della Dormizione rappresenta la Madre di Dio distesa sul letto funebre, circondata dagli apostoli, e il Cristo in gloria - centro dell'icona -, che riceve fra le braccia l'anima della Madre.

 

Nella nostra icona, il corpo della Madre di Dio è disteso su un letto da parata; il Cristo glorioso, in mandorla, tiene nella sinistra una piccola figura vestita di bianco e coronata da un nimbo: si tratta dell'anima luminosa che egli viene ad accogliere. I dodici apostoli, disposti intorno al letto, assistono con apprensione al trapasso della Madre di Dio. Due vescovi aureolati stanno dietro agli apostoli. I due edifici, raffigurati simmetricamente sui lati, indicano la città di Davide, Sion gloriosa e illustre, il luogo in cui l'Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo è risuscitato dai morti, il luogo di convegno degli apostoli, la madre di tutte le chiese sparse sulla terra.


La Pentecoste

La Pentecoste, giorno della nascita della Chiesa, è il momento in cui il vero significato della croce e della resurrezione di Cristo si fa manifesto, e la nuova umanità ritorna alla comunione con Dio.

Negli Atti degli Apostoli è scritto: «Arrivato il giorno della Pentecoste, [gli apostoli] si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all'improvviso dal cielo un rombo come di vento che si abbatte gagliardo, e riempì tutta la casa dove si trovavano. Apparvero loro come lingue di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro: ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere di esprimersi». Da quel giorno la Chiesa prese conoscenza della nuova pasqua secondo quanto aveva predetto il Cristo: «Il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».

Apparendo in lingue di fuoco lo Spirito fissa il ricordo delle parole di salvezza per l'uomo che Cristo ricevette dal Padre e trasmise agli apostoli.

Questi iniziarono ad annunciare la Parola a partire dal momento in cui ricevettero lo Spirito.

I Dodici siedono su una struttura semicircolare. Al centro dell'emiciclo, in basso, immerso nell'oscurità compare un uomo anziano, in abiti regali, che sostiene tra le mani un drappo bianco; su di esso vi sono dodici rotoli che simboleggiano la predicazione apostolica.

 

L'anziano è raffigurato alla maniera in cui si è soliti dipingere il re Davide, poiché starebbe a rappresentare i «molti profeti e giusti che hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, e non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate e non l'udirono».


Il pantocratore

Il Cristo Pantocratore (Re dell'universo) esprime, nei tratti umani del Figlio incarnato, la maestà divina del Creatore e Redentore che presiede ai destini del mondo. Assiso in trono, affiancato da Pietro e Paolo, il Pantocratore benedice con la destra, e tiene nella sinistra un libro aperto; vi si legge: «Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò» (M t 1 1, 28).

L'icona ha carattere monumentale, che sottolinea l'aspetto temibile del Signore, il Salvatore dell'Universo che verrà a giudicare i vivi e i morti. Egli, tuttavia, non ha nulla di spaventoso; l'espressione grave del volto è piena di dolcezza: è il Signore misericordioso, venuto a prendere su di sé i peccati del mondo.


Presentazione di Gesu' al tempio


E’ una delle dodici Grandi feste bizantine. Nella tradizione Orientale, questa rilevante festa prese il nome di "festa dell'Incontro".

La festa venne introdotta nella Chiesa occidentale intorno alla fine del settimo secolo. Solo dopo il Concilio Vaticano II, divenne una festa del Signore e prese il nome di "Presentazione di Gesù al Tempio". 

In secondo piano, ma sempre al centro della scena, si intravedono gli elementi che schematizzano il concetto del Tempio: un baldacchino (ciborium), una chiesa bizantina, un richiamo visivo al pinnacolo su cui il diavolo portò Gesù per tentarlo. Fra Gesù e Simeone si stabilisce uno sguardo di incredibile tenerezza.